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Quando il doppio gioco diventa politica: la questione palestinese e l’ipocrisia diplomatica del Marocco

Le recenti dichiarazioni del Ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, hanno suscitato un’ondata di critiche e indignazione nel mondo arabo e tra gli attivisti pro-Palestina. In un passaggio divenuto virale, Bourita ha da un lato ridicolizzato chi difende la causa palestinese accusandoli di “strumentalizzazione ideologica”, e dall’altro ha ribadito che il Marocco “è sempre stato al fianco del popolo palestinese”. Un’affermazione che molti hanno definito paradossale, se non addirittura offensiva, vista la crescente cooperazione militare, economica e diplomatica tra Rabat e Tel Aviv.

“Se non hai vergogna, di’ pure ciò che vuoi”, è stato il commento più ripetuto sui social. Per molti marocchini, queste parole del ministro rappresentano il simbolo dell’ipocrisia di Stato.

Tra le voci più critiche, quella di Abdessamad Fathi, presidente del Coordinamento Maghrebino a Sostegno di Gerusalemme e della Palestina, che in un editoriale ha espresso sgomento e rabbia:

“Non si può paragonare chi difende realmente la Palestina con chi ha venduto la causa sul tavolo del normalizzazione con Israele”, ha scritto.
Secondo Fathi, lo Stato marocchino non solo ha represso ogni forma di solidarietà popolare con Gaza, ma ha bloccato raccolte fondi, ostacolato manifestazioni e arrestato attivisti, mentre rafforza i legami con il regime israeliano con un entusiasmo che rasenta la sottomissione.

Le critiche si fanno più forti quando si osservano i fatti concreti: scambi commerciali tra Marocco e Israele in netto aumento, porti marocchini aperti alle navi israeliane che trasportano anche componenti bellici, e cooperazione militare formale tra i due Paesi. Tutto questo mentre Gaza viene bombardata quotidianamente in quella che molti osservatori internazionali definiscono una campagna di pulizia etnica.

“Quelle che Rabat definisce ‘missioni umanitarie’ sono solo mosse di facciata”, ha detto Fathi, “panifici simbolici passati dai checkpoint israeliani che servono solo a coprire politicamente l’avvicinamento strategico al nemico della Palestina”.

Anche Mohamed Kandil, noto attivista e blogger marocchino, ha attaccato duramente il discorso di Bourita, definendolo un “copia-incolla goffo della narrativa sionista”, e accusando il regime marocchino di “rendere il sostegno a Israele una politica ufficiale, mentre la solidarietà con i palestinesi viene criminalizzata”.

Fouad Abdelmoumni, coordinatore dell’organizzazione per i detenuti politici marocchini, ha definito il comportamento di Rabat “una mercificazione vergognosa” della questione palestinese:

“A che punto può arrivare la mancanza di pudore dei nostri governanti, che si proclamano sostenitori di Gaza mentre firmano accordi militari con chi la assedia?”

Lo stesso giornalista Souleiman Raissouni, già incarcerato per il suo giornalismo critico, ha dichiarato che “il Marocco ufficiale è ormai diventato una caricatura internazionale”, riferendosi ai servizi giornalistici che documentano la persistenza della cooperazione marocchino-israeliana anche nei momenti più sanguinosi della guerra a Gaza.

Mentre il popolo marocchino continua a esprimere solidarietà autentica alla Palestina – con manifestazioni represse, slogan censurati e attivisti perseguitati – il regime spinge sull’acceleratore del realismo politico e degli interessi strategici, ignorando il sentimento popolare.

Sui social, molti cittadini hanno commentato l’intervento del ministro con ironia amara:

“Non si può fingere di sostenere la vittima mentre si stringe la mano all’assassino”.
“Non si aiuta la Palestina reprimendo chi la difende in casa propria”.

Il caso Bourita riassume bene il dramma politico del mondo arabo: la causa palestinese trasformata da bandiera di giustizia a merce diplomatica. Dietro i proclami ufficiali, si nasconde una realtà di connivenze, ipocrisie e interessi economici, che hanno svuotato di significato le parole “solidarietà” e “fratellanza”.

Nel momento in cui Gaza brucia sotto le bombe e i suoi abitanti lottano per sopravvivere, la retorica ufficiale marocchina non solo appare vuota, ma anche insultante. E resta da chiedersi fino a quando questa distanza tra la volontà popolare e la politica estera potrà essere tollerata.

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